Il 2014 doveva essere l’anno della famigerata “ripresa” promessa dal Governo e auspicata da tutti gli italiani.
La ripresa non si è vista e i disoccupati sono aumentati. Ora il Governo rimanda la ripresa al 2015, continuando a vivere di speranze.
La ripresa non arriverà da sola se non si mette in pratica una politica seria e non unicamente propagandistica. Gli annunci di Renzi non sono serviti a niente se non ad alimentare altre speranze che non trovano posto nella realtà della situazione italiana.
La globalizzazione ci ha portato sul lastrico e le grandi e piccole imprese devono scaricare su qualcuno i mancati guadagni. Quel qualcuno sono gli operai e dipendenti che ne devono fare le spese. Quindi occorre licenziare e ovviamente non assumere nuova manodopera e quelli che riescono a mantenere un lavoro devono stringere la cinghia.
I fatti sono semplici e non c’è bisogno di Jobs Act o di tanti altri discorsi per rendersi conto che è una situazione non risolvibile nel breve termine.
I Paesi emergenti, primo fra tutti, la Cina ha in mano un potere economico che non possiamo nemmeno pensare di scalfire.
Ci hanno sottratto lentamente tutti i settori commerciali e manifatturieri dei quali andavamo fieri.
Si sono infiltrati come un virus nella sua vittima, oggi non potremmo farne a meno perché non siamo più in grado di produrre niente a livello concorrenziale.
Date uno sguardo a qualsiasi oggetto che avete addosso o in casa. Se non è Made in Cina, è Pakistan, Korea, Brasile o addirittura Mauritius.
Non produciamo quasi più nulla e nel giro di qualche anno, nulla. La classe media e la classe operaia non possono più sperare di essere assunti da qualcuno che se li accolli per tutta la vita lavorativa perché, così come ha fatto Marchionne, saranno costretti, per non diminuire i loro guadagni, a delocalizzare. Giusto o sbagliato che sia, mettetevi nei panni di un imprenditore e pensate onestamente, voi che fareste per la vostra impresa.
Mentre ci trastullavamo il mondo è cambiato. La globalizzazione ci ha messo in competizione con gente affamata e avida di comodità e successo. Eravamo convinti che le posizioni di benessere conquistato nessuno avrebbe potuto mai togliercele, ma anche l’Impero Romano si sgretolò e tutti lo abbiamo studiato a scuola senza imparare niente.
Le soluzioni ci sono ma sembra che nessuno voglia puntare sul turismo e sulle opere d’arte che custodiamo (malamente). È l’unica cosa che abbiamo in esclusiva e nessuno potrà mai copiare.
Vogliamo continuare a competere su campi che ci danno per sconfitti già da subito. L’industria e le fabbriche dovrebbero far parte del nostro passato, ora se ne occupano quei tre o quattro miliardi di persone avide di benessere e noi siamo una piccolissima Nazione piena d’arte e bellezze che andrebbero “vendute” nel mondo a caro prezzo. E invece lasciamo crollare Pompei e insistiamo a produrre barre d’acciaio che hanno avvelenato intere città.
Bisogna cambiare verso. Speriamo che qualcuno lo capisca prima che sia troppo tardi. Buon 2015.